ONLINE: “Gigolò – Office Romance” Leggi il primo capitolo in anteprima

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Torna disponibile “Gigolò” una commedia romantica frizzante ed estiva, nata dalla penna di Alma Rose

Pubblicato per la prima volta nel 2020, Gigolò si rinnova con una nuova veste grafica e un contenuto ancora più sexy e divertente.

“Pagare un uomo attraente per venire a letto con me. Suona così patetico. E io non sono patetica, fatto salvo per le imbarazzanti fantasie sul mio capo.”

TRAMA

Venusia è una pragmatica e sagace donna in carriera che ha chiuso il suo cuore in un cassetto.

Lorenzo è il suo capo, il sogno proibito, la sua infatuazione segreta.

Adrian vende il suo corpo ed è per Venusia una nottata bollente mordi e fuggi.

Ma cosa succede quando la follia di una notte brava viene recapitata direttamente nel tuo ufficio nelle vesti del tuo nuovo collega?

Gigolò è la storia d’amore fra un insospettabile Cenerentolo e una donna scottata dall’amore, che vi farà riflettere su quanto a volte le apparenze ingannino.

Trope

  • Office romance
  • He falls first
  • Love Triangle

PRIMO CAPITOLO IN ANTEPRIMA

VENUSIA

Mani.

Quelle che da tanto tempo desidero su di me. Le sue.

Sembrano conoscere il mio corpo come se fosse il loro. La sua bocca che si unisce alla mia.

Il suo sapore è cento volte meglio di quanto abbia immaginato. Il suo profumo mi avvolge.

Lo desidero così tanto.

Mi aggrappo alle sue spalle gemendo nella sua bocca, cercando il contatto con i suoi fianchi.

Lui mi vuole quanto lo voglio io. È puro fuoco.

Biiiiiii bip biiiiiiiiii bip biiiiiiiiii bip.

La sveglia suona.

No, per favore, no.

E invece sì: è solo un sogno.

Non c’è la bocca di Lorenzo sulla mia, non ci sono le sue mani vogliose su di me, non sto per fare sesso con l’uomo che desidero con tutta me stessa. C’è solo la mia dannatissima immaginazione.

Gemo di frustrazione e sospiro di vergogna. Non posso averlo davvero sognato di nuovo. Di solito, se sono fortunata, mi sveglio così una volta a settimana. Questa, però, è già la seconda volta, e siamo solo a mercoledì.

Lui mi aveva spinta sulla scrivania, incurante dei documenti e delle penne, ficcandomi la lingua in gola, incapace di resistere un solo istante di più alla passione che provava per me. Aveva perfino detto di desiderarmi dalla prima volta che ci siamo conosciuti e che era stanco di starmi vicino senza saltarmi addosso.

Sogna, ragazza, sogna.

L’idea di incontrare di persona l’oggetto delle mie fantasie erotiche, come del resto succede ogni mattina, mi manda una fitta di desiderio tra le cosce e mi fa sprofondare nella vergogna.

Lorenzo…

Il mio capo. Il mio sogno proibito. Il mio imbarazzante segreto.

Non dormo mai con le imposte chiuse e il sole del primo mattino filtra attraverso le tende beige della mia camera da letto, irradiando soffici bagliori dorati.

Allungo la mano verso il cellulare: le sei e trenta.

Accarezzo l’idea di infilarmi una mano tra le cosce e portare un po’ di sollievo al mio corpo eccitato.

A volte lo faccio quando sogno Lorenzo, poi arrivo in ufficio e mi sento una ladra, una stalker perversa, e non mi piace convivere con il senso di colpa.

Più passa il tempo più mi sento vicina ai maniaci sessuali che sottraggono oggetti personali per farne un perverso uso privato. Effettivamente, il fermacarte d’avorio sulla scrivania di Lorenzo ha una forma che potrebbe essere interessante

Mio dio, Venusia, va’ farti una doccia fredda.

Mi trascino sotto la doccia e procedo con il mio rituale mattutino consolidato alla perfezione da quando vivo da sola nel mio appartamento, senza mia sorella che occupi il bagno all’infinito, mamma che mi faccia trovare la colazione pronta ogni mattino o papà che corra per casa perennemente in ritardo. Doccia. Denti. Viso. Crema idratante. Pappa a Sole, il mio gatto persiano. Poi vado, in vestaglia, a fare colazione: fiocchi d’avena e latte di mandorle, e, se sono particolarmente frustrata, un pezzo di cioccolata fondente.

Stamattina sono molto frustrata e di pezzi di cioccolata ne prendo due.

Scongiurato il pericolo di insozzarmi con la colazione, torno a vestirmi nella mia cabina armadio. Gli abiti li preparo sempre la sera, prima di mettermi a letto.

Infine, scelgo la tonalità di rossetto perfetta per il mio look del giorno. Accarezzandomi le labbra con il pennellino, mi sembra di sentire ancora quelle di Lorenzo su di me come nel sogno.

Mi aspetta una giornata impegnativa e ho bisogno di svuotare la mente, per cui salgo sul mio SUV, ultraccessoriato, e accendo la musica a palla.

È ancora molto presto e le strade che dividono il centro città sono poco trafficate, risparmiandomi la sofferenza delle code mattutine.

Mi fermo al solito bar davanti alla sede della Golden Estate, a bere il caffè, le consuete due chiacchiere con la barista, i visi noti di chi lavora negli uffici vicini. Sfoglio il giornale e mi perdo in qualche cazzatina sul cellulare, cercando di distrarmi dalle sensazioni licenziose del mio sogno, che mi fanno ancora formicolare il corpo, fino alla punta dei piedi.

Il cellulare suona: Lorenzo. Il mio cuore perde un colpo.

«Lorenzo, buongiorno.».

«Buongiorno, Venusia. Stai già venendo?».

Il fiato mi si blocca all’altezza del diaframma.

Venendo? Perché diavolo non ha detto ‘arrivando’ o ‘sei per strada’?

«Sto bevendo il caffè al bar qui davanti, cinque minuti e sono in ufficio.»

Lorenzo conosce bene le mie abitudini. Mi alzo allo stesso orario tutti i giorni, sia che vada in ufficio prima sia che arrivi all’ora stabilita. Sono le sette e mezzo, per cui sa che sono sveglia.

«Perdonami se ti ho messo fretta» aggiunge con la premura che adoro di lui. «Non sapevo se saresti arrivata in anticipo in ufficio oggi e ci sono delle cose su cui mi vorrei confrontare con te, prima degli altri.»

La prossima riunione con il consiglio di amministrazione, ovviamente.

«Nessun problema, sono subito da te.»

Risalgo in macchina e raggiungo la sede della Golden Estate. I cancelli sono ancora chiusi e devo passare il tesserino magnetico per farli aprire. Parcheggio nel mio posto riservato e mi avvicino all’ingresso, dandomi un’occhiata nei vetri a specchio dell’edificio.

I nuovi pantaloni, chino rosa, fanno meraviglie con il mio fondoschiena, che, permettetemi di dirlo, è già una meraviglia da solo. Mi ravvivo i capelli ed entro negli uffici a passo svelto, apprezzando la quiete prima dell’arrivo di tutti gli altri.

Le tendine della direzione sono alzate e, attraverso le pareti trasparenti, posso vedere Lorenzo seduto dietro alla sua enorme scrivania bianca che osserva con attenzione il monitor del PC. La stessa scrivania su cui ho fantasticato mi prendesse almeno un centinaio di volte durante i quattro anni in cui abbiamo lavoriamo insieme.

E c’è anche il dannato fermacarte con la forma ambigua…

Mio. Dio. Venusia. Datti una regolata.

Il mio sguardo si sofferma su di lui, il mio capo, e trovare un contegno davanti a tanto fascino mascolino è davvero difficile: capelli brizzolati, carnagione olivastra. È incredibile come possa essere così sexy di primo mattino. Anzi, ancora più sexy con addosso l’aria un po’ stropicciata di chi ha da poco abbandonato le coperte.

Ricaccio indietro un’imprecazione, insieme al pensiero che lui possa accorgersi di essere oggetto dei miei sogni erotici.

Ho sempre la sensazione che lo sappia. Che ogni volta che entro nel suo ufficio in qualche modo lo senta. Come se lo fiutasse al pari di un segugio.

Lui mi vede e sorride attraverso il vetro.

Le mie mutandine minacciano di bagnarsi di nuovo.

Penso a una secchiata d’acqua fredda. Di solito funziona.

Mi impongo di guardarlo solo negli occhi mentre entro.

«Buongiorno.»

«Venusia, ciao!»

«Vado ad accendere il mio computer e sono subito da te.»

Lui mi guarda con un sorriso aperto, felice. Ansioso di parlarmi. E poi lo vedo di nuovo, quel lampo di intuizione nei suoi occhi verdi che mi fa sentire smascherata.

Lui lo sa.

Sa che mi sono svegliata sull’orlo di un orgasmo sognandolo.

Smettila, sciocca. Non può saperlo.

Mi allontano come fuggendo dalle fiamme, prima che i miei occhi possano correre giù lungo il suo collo, sulla sua pelle abbronzata sotto la camicia bianca con il primo bottone aperto, esplorando i riccioli di pelo biondo cenere puntinati di grigio che appena si intravedono.

I nostri uffici sono adiacenti e uso la porta interna per spostarmi nel mio. Anche quella di vetro. Senza tendine. Non ci sono misteri tra noi. A parte che lui è il signore indiscusso dei miei sogni erotici.

Accendo il PC, afferro i miei appunti e ritorno da lui, prendendo posto sulla mia sedia. Quella vicino al suo lato della scrivania.

Sono l’unica persona che ha il permesso di sedersi su quella sedia. A parte sua moglie che, per fortuna, se ne sta abbastanza alla larga dall’ufficio, così da non farmi sprofondare nei sensi di colpa.

Tutti gli altri, invece, si siedono sul lato opposto.

Entrando nella sua bolla vitale, vengo investita dal profumo, una fragranza maschile di ottimo gusto, avvolgente e muschiata. Non lo cambia da anni e ho imparato a riconoscerlo come quello della mia pelle.

Mi concentro sugli appunti, mentre le dita dei piedi si arricciano all’interno delle mie scarpe griffate blu con un modesto tacco da giorno di otto centimetri.

Quel profumo l’ho sentito tutto su di me nel sogno.

Secchiata di acqua fredda. Doppia secchiata di acqua fredda.

«Di cosa volevi parlarmi, Lorenzo?»

«Ho avuto un’idea stanotte… e mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.»

Perché la notte non se ne sta a dormire abbracciato alla sua mogliettina? Sarebbe molto più facile che saperlo sveglio a pensare a me. Cioè, al lavoro. Insomma, io sono il lavoro. No?

Mi impongo di controllarmi e, mentre lui parla, riesco a fare attenzione alle sue parole. Lorenzo vuole la mia opinione su quali mansioni far ricoprire al nuovo responsabile acquisti della Golden Estate.

È solo la mia estrema dedizione al lavoro che riesce a farmi sembrare professionale e attenta, seppure il mio inconscio stia fantasticando sullo scivolare sotto la scrivania per un’attività molto meno professionale.

«Con il precedente buyer i soci di capitali si sentivano tutelati dal fatto che fosse anche lui socio» esprimo la mia opinione, dimostrandogli di aver capito al volo. «Se il nuovo responsabile non sarà legato alla società, avranno il timore che i capitali utili vengano reinvestiti senza che possano avere voce in capitolo.»

«Hai afferrato il punto» commenta compiaciuto.

Grazie per la collaborazione, cervello!

«Ammesso e concesso che il nuovo buyer abbia dei capitali da mettere sul piatto,» continuo, «non possiamo farlo entrare in società se non dopo un attento periodo di prova.»

Lorenzo annuisce. «Se dobbiamo sposarlo, dovremo assicurarci di conoscerlo a fondo durante un buon periodo di fidanzamento. Ma in ogni caso non credo che Novikov abbia la liquidità necessaria per un’operazione del genere.»

«Potremmo nominare un supervisore agli acquisti, che faccia sentire i soci di capitali più tutelati.»

Lorenzo gioca con la fede, un cerchietto d’oro che gli cinge l’anulare sinistro, facendolo roteare attorno al dito. Lo fa tutte le volte che ragiona velocemente.

Alla vista della fede, frustrazione e senso di colpa mi attanagliano la bocca dello stomaco.

«Mi sembra una buona idea, puoi sentire tu lo studio legale?»


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